Verso una “nuova normalità”


Il periodo che stiamo vivendo chiede restrizioni e rinunce alle nostre libertà. Tutti stiamo provando ad adattarci a questo nuovo status quo e lo facciamo con più o meno fatica.

I nostri bisogni di certezza e di prevedibilità sono stati messi a repentaglio e stiamo ridefinendo noi stessi e le nostre vite per poterci adattare a questa “nuova normalità”; sì, si tratta di una nuova normalità, espressione che mi ha colpita mentre guardavo la TV e mi ha portata a riflettere su quanto ancora dovremo fare per poter accettare ed elaborare la convivenza con una pandemia.

Ci stiamo rendendo conto che in questo momento non è messa a repentaglio soltanto la nostra salute fisica, ma anche la nostra salute mentale e sociale. Credo che un po’ tutti ci sentiamo in balia di un vento del quale fatichiamo ad intercettare la direzione di provenienza; nel mentre, tentiamo di comportarci come dei giunchi… ci pieghiamo provando a non spezzarci. Dopo una prima fase, durante la quale ci siamo impegnati in maniera compulsiva nelle più svariate attività, adesso stiamo attraversando una fase maggiormente riflessiva e statica.

In questi mesi, ho pensato spesso ai bambini ed ai ragazzi… creature quasi silenti che hanno cercato di portare avanti le proprie giornate adattandosi alla didattica a distanza; fondamentali sono stati insegnanti e genitori che li hanno supportati ed hanno permesso loro di non rinunciare al contesto scuola. Di certo, l’atmosfera di una classe non è facilmente ripetibile attraverso l’utilizzo di un pc. Ma, a fasi alterne e con più o meno difficoltà, loro ci sono.

Sono rimasti a casa, hanno seguito le lezioni, hanno fatto tesoro dell’utilizzo della tecnologia che loro tanto amano e che in questo momento sta permettendo di non interrompere i contatti con i propri amici. I bambini sono stati aiutati dai propri genitori ad organizzare delle videochiamate collettive con la classe o con gli amici al di fuori del contesto scolastico.

Ma tutto questo è successo in silenzio… ho sentito il silenzio delle vitalità dei bambini e dei ragazzi, il silenzio dei loro entusiasmi, il silenzio dei loro desideri per il futuro.

Da alcune statistiche pubblicate nelle ultime settimane, emerge che, soprattutto gli adolescenti, stiano vivendo una fase depressiva e che non riescano ad immaginare prospettive future. Ed è abbastanza noto che i desideri legati al futuro siano il motore di tutte le vite… immaginiamo cosa possano rappresentare per un adolescente!

Ai nostri ragazzi manca il contatto reale con i propri compagni e i propri amici, hanno intercettato il limite della socialità esperita attraverso la rete. Sentono il bisogno di poter guardare negli occhi i loro pari e di poter parlare di argomenti alternativi al Covid-19 e, forse, sentono anche il bisogno di condividere dei silenzi uno affianco all’altro.

Negli ultimi giorni, ho ascoltato molti adulti dirsi contenti che i ragazzi abbiano finalmente compreso che il mondo virtuale non può sostituire il mondo reale e che il mondo virtuale possiede molti limiti. Ma io mi sono chiesta… siamo proprio sicuri che i ragazzi non sapessero già tutte queste? Forse, siamo noi che non li abbiano mai realmente “visti” perché è più comodo pensare che le nuove generazioni siano sgangherate e asettiche; è più complesso, invece, “vedere” realmente questi ragazzi e questi bambini e tentare di ascoltarli, sforzarsi di comprenderli realmente. “Vederli” immersi nelle loro difficoltà e alle prese con gli ostacoli del mondo che li circonda, un mondo tramandato e popolato da noi adulti. E’ più facile fermarsi solo ed esclusivamente al loro linguaggio, bollarlo come sbagliato perché non è simile al nostro… invece, costa maggiore fatica non giudicarli, stare in silenzio, ascoltarli e non emettere sentenze frettolose e a basso costo.

Hanno bisogno di adulti autorevoli e amorevoli che siano in grado di supportarli in questo momento difficile per chiunque; supportare non vuol dire comunicare che va tutto bene, anzi, è utile condividere con loro l’incertezza e la preoccupazione attuali. Ciò vuol dire permettere loro di comprendere che è legittimo provare ed esprimere emozioni negative.

Ultimamente, ho l’impressione che esista una tendenza tutta italiana che intercetta la famiglia e la scuola come le uniche agenzie educative e socializzanti per bambini e ragazzi. Dico questo perché percepisco una sorta di evitamento nel provare a pensare e ad organizzare i prossimi mesi in un’ottica che sia a loro misura. Tenendo conto che è assodato che dobbiamo imparare a convivere con il virus, credo che sia necessario cominciare seriamente a pensare a delle valide soluzioni in vista dell’estate rispettando tutte le norme igieniche e di sicurezza necessarie.

Questi bambini e questi ragazzi hanno la necessità di uscire dalle proprie case e trovare spazi e occasioni adatti ad accoglierli soprattutto nel momento in cui la didattica a distanza si interromperà per alcuni mesi.

Chi si occuperà di loro? Con quali figure, oltre a quelle genitoriali, avranno la possibilità di confrontarsi ed elaborare i propri vissuti? Entro quali spazi, avranno la possibilità di incontrare nuovamente i propri pari?

Oltre ad essere una psicologa, svolgo il lavoro di animatrice di soggiorni estivi per bambini e ragazzi da alcuni anni. Questo è un contesto che rappresenta un’alternativa altra per queste giovani menti. E’ un’occasione di crescita che permette di confrontarsi con pari e con adulti all’interno di un gruppo. Alcuni pari sono vecchie conoscenze ormai da anni, gli animatori rappresentano degli adulti che sono altro rispetto ad un genitore e ad un insegnante. Le occasioni di crescita e di confronto sono innumerevoli e stimolanti.

Quest’anno sarebbe importante organizzare realtà simili perché bambini e ragazzi avranno bisogno di una boccata di ossigeno e avranno la necessità di interrompere questo loro stato di silenzio. E noi adulti, dovremmo essere lì ad accoglierli e ad ascoltarli.

Dovremmo ridare loro lo spazio che si meritano e dovremmo considerare che loro non rappresentano il futuro, ma rappresentano il presente che sta mettendo le basi per il futuro. E, per fare in modo che lo facciano nel modo migliore possibile, dobbiamo fornire loro le adeguate condizioni fisiche e psichiche nell’attualità. E, una volta per tutte, proviamo a “vedere” questi bambini e questi ragazzi attraverso i loro occhi.

Dott.ssa Giuliana Lacalandra – Psicologa

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